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Perché a Filippo Turetta non è stata riconosciuta l’aggravante di crudeltà? Ecco le motivazioni

  • Martina Paoletti
  • 11 apr
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 13 apr


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Pochi giorni dopo la tragedia di Ilaria Sula, avvenuta a Roma, torniamo a parlare di femminicidio.


Sono sulla bocca di tutti le motivazioni della sentenza della Corte d’Assise di Venezia nei confronti di Filippo Turetta, rese pubbliche l’8 aprile: non gli è stata infatti riconosciuta l’aggravante di crudeltà e sono piovute critiche e obiezioni.


L’avvocato di Elena Cecchettin, sorella di Giulia, ha affermato: «Giulia ha vissuto una lucida via crucis e Turetta non ha avuto tentennamenti, ha protratto sempre di più il suo patimento. È enorme il numero di colpi ma sono enormi i tempi; Giulia è stata lucida per molti terribili minuti: si è vista sequestrata, tacitata, colpita, ha percepito forte il senso della fine. La crudeltà c’è tutta».

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Ma non sono queste caratteristiche comuni a delitti analoghi a quello di Giulia? Facciamo chiarezza.


Giuridicamente la crudeltà non ha il significato che normalmente le attribuiamo, cioè quello morale. C’è crudeltà, in senso penale, quando si può dimostrare con certezza che vi sia stata una sadica volontà di infliggere alla vittima sofferenze aggiuntive rispetto a quelle strettamente necessarie a causarne la morte.


L’uso reiterato di un’arma di efficacia non immediata per il raggiungimento della morte della vittima, ad esempio, non è considerato crudeltà: i colpi non sono inflitti per causarle ulteriore dolore ma per porre fine alla sua vita. Azioni come torturare o bruciare la vittima possono essere considerate crudeltà, perché nella quasi totalità dei casi non sono commesse per ucciderla.


La Corte di Assise ha parlato di “inesperienza” dell’omicida come giustificazione, o meglio spiegazione, del numero di coltellate. Per quanto questa affermazione possa far indignare, bisogna riconoscere che nel caso di Turetta non è da escludere che le 75 coltellate siano state inferte per incapacità di compiere un omicidio, tentando di velocizzare il processo o temendo che ciò che era stato fatto fino ad allora non fosse efficace. E, a meno che l’aggravante non sia coronata da prove e motivata, non può pesare sul verdetto finale. Seguendo questa linea argomentativa, in questo caso non può essere data l’aggravante di crudeltà.


Altre aggravanti, tuttavia, sono state riconosciute all’assassino: premeditazione (per la quale si disponeva di prove schiaccianti, quali la lista di armi sulle note del cellulare dell’imputato o gli strumenti riposti nella sua automobile); vincolo affettivo; occultamento di cadavere; sequestro di persona.


Escluse le aggravanti di stalking (perché, secondo i giudici, Giulia non viveva in uno stato d’ansia e paura tale da modificare le sue abitudini) e, come detto, di crudeltà.

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